sabato 12 marzo 2011

Dakota - roba da farci l'indiano

Titolo: Dakota
Anno: 2010
Autore: P. Cioni
Editore: Nexus (ita)
Tipo: Gioco da tavolo
Genere: Diplomazia
Meccanica: Diplomazia, Maggioranze
Numero Giocatori: 3-5
Durata: 90-120 min
Difficoltà: 3/5
Dipendenza dalla lingua: ridotta (testo delle costruzioni)
Illustratore: G. Albertini, F. Maiorana


IMMAGINI

Dakota è un gioco enorme, il suo tabellone è quasi il doppio di quello di un normale gioco da tavolo e i suoi puzzilli potrebbero mangiarsi gli omini di Carcassonne senza scomporsi minimamente. Il senso di dispersione si ha ancora di più perdendosi nel mare di segnalini per le eccessive risorse (per quantità e qualità) e ancor più nello scoprire che i due schieramenti, coloni e nativi, non sono regolati nel numero di giocatori per ciascuna fazione, come non sono regolati i rapporti all'interno di ciascuna fazione.
Questo concetto apparentemente farraginoso è alla base di Dakota, da 3 a 5 giocatori, schierati casualmente nell'una o nell'altra fazione (purché almeno uno sia opposto agli altri) cercano di sfruttare al meglio (per sé, ovviamente) i territori vergini del Nord America.

Il lavoro di Cioni dietro quest'idea è palese: diverse sono infatti le assi che tentano di riequilibrare il vantaggio che la fazione più numerosa può ottenere dalla predominanza sul territorio e quindi sul possesso delle risorse, considerando che in ogni singolo lotto di terreno solo la fazione in maggioranza ottiene risorse (e comunque poche), la necessità di un peso sul piatto opposto della bilancia si fa pesante. Un'idea è quella di aggiungere un numero di puzzilli neutrali ma comunque legati alle fazioni, in particolare legati maggiormente alla fazione con il minor numero di giocatori, che i giocatori stessi a turno sono costretti a piazzare scatenando un conflitto d'interesse tra la garanzia di un misero raccolto da spartire e lo sgambetto al "compagno" colono o nativo che sia. Chiaro no?
Altro intervento decisivo è quello che limita la quantità di risorse utili, facendo sì che sebbene la fazione in vantaggio abbia vita facile nel raccoglierle, non ne abbia altrettanta nello spartirsele, poiché certamente quelle non bastano per ciascuno dei componenti.
Aggiustamenti di questo tipo risolvono dunque l'apparente disparità, quasi ribaltandola di fatto.

Contrariamente alle dimensioni fisiche, strategicamente il gioco è stretto, molto stretto, tanto da far sentire i giocatori più strategici come squali in un bidet. I margini strategici sono davvero ridotti, e anche se ogni giocatore ha la possibilità di tirar sù qualche costruzione (di poco diverse tra nativi e coloni), non c'è corsia di sorpasso né scorciatoia, nessuna vera alternativa dal punto di vista della gestione.

D'altra parte che le pochissime risorse a disposizione (a dispetto del mare di segnalini presente nella scatola) siano gestibili è pura illusione, come il sogno di essere andati in bagno quando si dorme a vescica piena; si tratta di un gioco di diplomazia, ossia convincere quell'idiota del vostro avversario che gli convenga più fare la mossa che conviene a voi piuttosto che quella che conviene a lui.
Si consiglia di scegliere amici "speciali" se vi appassiona la vittoria.
Dunque i risultati delle partite variano principalmente in base alla tipologia di giocatori ed al loro piglio (pedanza o possenza che sia).
A gusto, e lasciatemi distinguere perché ho scoperto che a qualcuno piace, tutto il lavoro dell'autore mi pare vada a sprecarsi come nutella nell'arrosto, ma anche quelli sono gusti.


PRO: sistema innovativo, segnalini delle costruzioni tenute verticalmente da basette trasparenti e visibili da tutti i giocatori.


CONTRO: veramente troppo grande, grafica mediocre per quanto adeguata all'ambientazione, troppo spesso alcune mosse risultano inutili, improbabile se non impossibile recuperare chi prende il largo.

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